P. mi prende sottobraccio: “sei un po’ pensierosa. Non devi essere preoccupata”…
M: “Eh lo sai… il mio cervello sta già pensando avanti”. Una glicata (HbA1c) che sfiora 65 mmol/mol (circa l’8%), una quotidianità che deve, ma che fatica, a cambiare, le prossime scelte in progetto… ma questi pensieri non li dico a P.
P: “Una cosa alla volta”…
M: “E poi quando sono (tanto) sorpresa, quando devo ancora metabolizzare una cosa nuova, rimango senza parole”…
P: “È una bella cosa, questa di oggi”.
M: “Bella sì! È anni che aspettavo questo momento”.
P: “Il bello sarà quando si arriverà al clou della faccenda”.
M: “Già!” Penso alla mia parola data sulla disponibilità in questo progetto, so che la manterrò. Sognavo che arrivasse questo momento, e io sono pronta. Così come sono, imperfetta e me stessa, con la mia vita di oggi.
Ha ragione P., goditi ogni momento di questa avventura dolceMery, mi dico.
Sono ancora un po’ spossata, un po’ mi sembra aver vissuto guardando dall’esterno la mattinata di ieri, un po’, a pensarci meglio, sono perfettamente consapevole del pezzo di storia per le persone con il diabete a Ferrara che stiamo scrivendo.
Un gruppetto di persone, belle e sgangherate, ognuno a modo suo, incredibili vincitori delle nostre piccole grandi battaglie personali, con le cicatrici di alcune ferite e sfighe della nostra vita, tutti e ognuno con una malattia cronica, subdola e spesso sottovalutata, il diabete.
A guardarci in faccia, con alcuni proprio negli occhi, mi dico che noi abbiamo imparato a con-vivere, senza smettere di con-battere, con l’intelligenza, l’ironia, la forza e i momenti di sconforto che ci sono concessi. Forse questo è il momento di con-dividere i nostri punti di forza e le nostre debolezze, per il bene di tutti.
Il progetto è concreto, chiaro e ambizioso. Tutto da fare.
Ci sono già tante aspettative, lo percepisco, ma allo stesso tempo sento una grande libertà di essere noi stessi, il supporto sincero e la stima di alcune persone competenti e disponibili e la travolgente testimonianza di R. che è possibile davvero.
A questo punto, personalmente, tutta la faccenda diventa una questione di cuore, di passione, di trasformare la mia debolezza più grande, la mia malattia, in qualcosa di utile per gli altri, in un dono per gli altri. Fare piccoli passi concreti, e sognare in grande.
Dice quel proverbio africano: se sogni da solo è solo un sogno, se si sogna insieme, è la realtà che comincia. La sorpresa è rendermi conto che questo si traduce concretamente nel fare un piccolo passo dietro l’alto, insieme ad altri, a nuovi compagni di viaggio che ho incontrato sulla mia strada.
Il passaggio da diabe(te) a diabeFe… da una malattia “tua” a una malattia tua condivisa con altri, con ti abita accanto, che non ti sei scelto, ma che ti chiede di uscire da te, di metterti in discussione personalmente per creare qualcosa di bello e nuovo insieme.
Un cambiamento da costruire insieme, non da subire da sola. È quello che desideravo quando, ormai quindici anni fa, mi sono scontrata con la mia nuova vita con il DT1.
Sono lontani i tempi da quel 26 maggio 2005: glicemia a digiuno di 750 mg/dL e quella strana sensazione di guardare in faccia finalmente a cosa mi faceva stare così male, la preoccupazione di come/quanto sarebbe cambiata la mia vita, la paura di una malattia cronica, per sempre, con varie complicanze, la meraviglia per la mia vita che ha resistito con una glicata intorno a 15% e la gratidutine per ogni cosa di buono che ricevo e che conquisto a denti stretti nel gestire, ogni giorno e tutti i giorni, questa malattia.
Quanto è ancora lontano quel domani in cui potremo essere punto di riferimento per altre persone con il diabete? Quello che io non ho avuto e che tanto mi è mancato! Ho la sensazione che quel domani può iniziare già qui, ieri ne ho pregustato il bello che sarà. Per il bene di tutti, e anche il mio. E allora sorrido, con gli occhi che brillano.